giovedì 1 aprile 2021

 

LA PSICOMOTRICITA’.

DIFFICILE DA PRONUNCIARE, FACILE DA AMARE.

 

Nascita e apporti.

La psicomotricità nasce nella seconda metà del XX secolo e si avvale dell’apporto di diverse discipline tra cui: pedagogia, psicologia, neurologia, neurofisiologia, neuropsichiatria infantile e pediatria che ne costituiscono il supporto scientifico. Questa multidisciplinarità risponde alla necessità di superare il dualismo mente-corpo e la conseguente parcellizzazione del sapere per assumere una visione globale della persona.

 

La dimensione corporea: la matrice della psicomotricità.

In campo psicomotorio, grazie a questi diversi e complementari apporti teorici, si afferma l’importanza del corpo e del suo linguaggio nell’infanzia quale modalità privilegiata dal bambino per incontrare il proprio mondo interno, quello degli altri e delle cose.

L’utilizzo consapevole e tecnico della dimensione corporea da parte dell’adulto impegnato nel processo educativo e di aiuto si impone, come via privilegiata, di intervento e lavoro.

 

Il gioco: proposta psicomotoria per eccellenza

Il gioco infantile che coinvolge il corpo del bambino mette in gioco la parte motivazionale più forte e intensa e, attraverso di essa, il bambino entra in contatto con le fibre più profonde del suo essere in senso globale.

Il gioco è un fenomeno profondamente esistenziale, presente in ogni epoca e parte del mondo ed è dotato di una sua grammatica interna.

Appartiene al processo evolutivo del bambino ma è l’adulto che gli attribuisce spazi, tempi, significati e oggetti. Alla sua base vi deve sempre essere il piacere del fare e mai il piacere di ricevere un giudizio.

In psicomotricità i giochi, caratterizzati da una forte intensità motivazionale ed emotiva e ai quali è dedicato uno specifico spazio, sono di due tipi:

1.       Gioco senso-motorio

Saltare, cadere, rotolare, girare, scivolare e tutti i giochi in cui ci si mette alla prova con la forza di gravità oltre che sperimentarsi lungo l’asse equilibrio e disequilibrio. Infatti l’oggetto di ricerca nelle sperimentazioni del bambino in questi tipi di giochi ruota attorno alla paura della caduta e la sua conseguente emozione.

Si aggiungono a questa tipologia di giochi tutti quelli che investono la muscolatura più attiva nel rapporto che il bambino ha con il mondo esterno; vale a dire: prendere, lasciare, tirare, lanciare, trascinare e dare.

Questi movimenti per il bambino sono importanti perché gli permettono di vivere il proprio corpo come abile e competente, distinto e diverso, in via di formazione ma individuato come proprio e unico. Questo ha una ricaduta fondamentale nel processo di individuazione del bambino (costruzione di una propria identità corporea) e nella formazione di una positiva immagine di sé (autostima).

2.       Gioco simbolico

Verso la fine del secondo anno di vita il bambino si avvicina a una tipologia di giochi infantili fondamentali e che lo accompagneranno a lungo nel suo processo di sviluppo, cioè il gioco simbolico e il “far finta di”.

Anche in questo gioco è forte la componente emotiva che si esprime grazie alla proiezione e personificazione di ruoli (la mamma, il figlio, il ladro) e personaggi (supereroi, animali) scelti dallo stesso bambino.

Queste esperienze di gioco sono fondamentali per il suo sviluppo psicologico.

Grazie a questo tipico linguaggio si accede alla tappa della costruzione della propria identità a livello più mentale e psichico. Il simbolico permette di giocare tutti i temi propri dello sviluppo infantile tra cui il legame di attaccamento, l’accesso e l’alfabetizzazione al mondo dell’intersoggettività (comunicazione umana) e il complesso edipico (necessario per conoscere e iniziare a padroneggiare la propria identità di genere).

Il perché della psicomotricità. Riflessioni finali.

Attenzione perché non si tratta di insegnare ai bambini cosa devono dire o fare. Infatti in ogni epoca e cultura queste sono state le strutture fondamentali del gioco spontaneo del bambino. Lo scopo della psicomotricità è offrire una organizzazione didattica a ciò che il bambino porta in sala, a ciò che ha sempre fatto e sempre farà.

In particolare il compito dello psicomotricista sarà quello di ricevere il vissuto emotivo del bambino, rivelato dal suo gioco e rimandarglielo in modo fecondo per il suo sviluppo psichico.

Ecco perché è tanto importante la sala di psicomotricità con il suo specifico setting. Solo grazie a uno spazio, un tempo e un materiale pensato e progettato dall’adulto per quel bambino si potrà restituirgli il suo piacere e la sua emozione che rappresentano gli ingredienti fondamentali per la sua crescita e il suo benessere.

Bibliografia:

B. Aucouturier, I. Darrault, J.L. Empinet, La pratica psicomotoria. Rieducazione e terapia. Armando Editore , Roma, 2004.

G.Nicolodi, Il disagio educativo al nido e alla scuola dell’infanzia, FrancoAngeli, Milano, 2018.

G. Nicolodi, L’educazione psicomotoria nell’infanzia. Lo sguardo come presenza: principi, obiettivi e metodologia. Erikson, Trento, 2015.

Luisa Formenti, Psicomotricità educazione e prevenzione. La progettazione in ambito socioeducativo. Erikson, Trento, 2013.

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